CoragGiovani 2018

30 Lug 2018

La tenuta di Montegiove sorge sui colli lanuvini, poco a sud di Roma, tra ulivi secolari, pietre antiche e una vista incomparabile che abbraccia il litorale laziale fino alle colline dei Castelli Romani. Per noi del gruppo organizzatore è stato amore a prima vista, nonostante ci fosse il timore inconfessato di non riuscire a replicare il successo della prima edizione a Oriago l’anno scorso. Ma se lì avevamo la forza della novità di un convegno antroposofico dedicato esclusivamente a giovani dai 18 ai 35 anni, quest’anno avevamo dalla nostra un pizzico di esperienza in più e perché no – ci perdoni il nostro nume tutelare Giove – di saggezza. Certo, forse è più facile parlare adesso che la tensione è scesa, adesso che l’ultimo del centinaio di ragazzi ha lasciato la tenuta tra abbracci, sorrisi e qualche lacrima, portando con sé la certezza di aver creato qualcosa di bello e duraturo.

Andrew Wolpert, che ha tenuto le conferenze plenarie di venerdì e sabato, ci ha parlato brillantemente dell’arte del sociale, vedendone poi la sua naturale realizzazione tra gli ulivi di Montegiove. Se l’arte del sociale permeava ogni momento e ogni spazio del convegno, tre gruppi d’arte hanno permesso ai partecipanti di sperimentarne interiormente la forza: il gruppo di pittura, condotto dai maestri Neri Pierozzi e Rossana Pane, quello di euritmia con Teresa Mazzei (nell’alleluia di chiusura convegno è riuscita miracolosamente a far tacere anche le inarrestabili cicale) e il gruppo di arte della parola, tenuto da Eva Genova e Marco Conti. Sono stati proprio loro, insieme a Maria Lucia Carones e Marzia di Giulio, a regalarci l’ultima sera l’emozionante spettacolo teatrale “Ipazia”, tratto dal lavoro di Mario Luzi sotto la regia di Silvia Giorgi, che ci ha trasportato al ritmo di strumenti antichi suonati dall’eclettica mano di Fabio Porroni nella Alessandria d’Egitto del quinto secolo. Sotto il cielo stellato di luna nuova, abbiamo seguito lo spettacolo itinerante dalla valle su per il sentiero fino alla villa padronale, circondati da un panorama degno dei migliori teatri greci. La villa e la tenuta di Montegiove sono ancora proprietà della famiglia Moncada, di cui ringraziamo la contessa Sabina per la squisita ospitalità e per il suo personale coinvolgimento in ogni fase del convegno.

Durante i tre giorni non si è trascurata ovviamente la sfera del pensare, con i gruppi di studio seguiti da giovani attenti e già ben preparati, le cui domande spesso hanno fatto terminare i gruppi ben oltre l’ora e mezzo prevista giornaliera. Carlo Triarico ha parlato ai ragazzi interessati alla biodinamica, donando anche l’impulso alla terra della tenuta che a breve intraprenderà la conversione al biodinamico; il gruppo di filosofia è stato tenuto dal professor Salvatore Lavecchia, quello di pedagogia dalla maestra Caterina Guadagno; alla triarticolazione ha pensato Gaetano Bonaiuto, mentre il sottoscritto ha condotto il gruppo di medicina, tracciando un’introduzione alla medicina antroposofica sotto lo sguardo severo dell’enorme ritratto seicentesco del conte Moncada. Infine Anna Mattei, astrosofa e biosofa, ha tenuto il frequentatissimo gruppo sulla biografia, che ben incarnava il tema scelto per il convegno: “Io sono me e mondo. La biografia come respiro tra individuo e umanità”.

Tali e tanti sforzi di coscienza avevano bisogno di un adeguato supporto alimentare, donato per intero da Ecor Naturasì nella persona di Fabio Brescacin, cui vanno i nostri sentiti ringraziamenti, così come a Wala, Weleda e Argital che hanno permesso con il loro contributo la riuscita del convegno. Tuttavia un’eccellente materia prima non è sufficiente a rendere eccezionale un pasto: a questo hanno pensato le insuperabili cuoche, le quali hanno cucinato con amore e maestria pressoché ininterrottamente, aggiungendo il piacere del gusto ai momenti conviviali sotto il pergolato.

Proprio lì, nella giornata di sabato, sono tornati a riunirsi i gruppi regionali che già si erano costituiti l’anno scorso a Oriago, per parlare degli incontri dell’anno passato e di quello a venire. Si è creata una rete di contatti che ha permesso e permetterà ancora di più ai giovani di partecipare e di incontrarsi alle numerose iniziative di carattere antroposofico che si tengono in Italia, andando così a riunire piccoli nuclei impregnati dall’energia di questo convegno.

Di tutto ciò si è parlato anche durante il plenum conclusivo seduti in circolo sulla terrazza del belvedere, con lo sguardo già un po’ velato dalla nostalgia verso quel qualcosa di unico che si è vissuto. E il miglior antidoto alla nostalgia, in questi casi, è pensare al futuro, è far scendere nella volontà gli impulsi ricevuti: ci sarà un Convegno Giovani nel 2019? Dove? Tutto sarà organizzato con il contributo di quei giovani che rappresentano nel modo migliore la frase impressa sulle borse del convegno, “antroposofia in movimento”, perché anche quest’anno sono stati gettati semi che contribuiranno alla crescita di quell’organismo sociale nato a Oriago un anno fa.

E in ognuno di noi risuonavano, durante il lungo applauso finale, le parole di Ipazia nell’ultima scena: “Ma dopo? Cosa sappiamo del poi? Gettiamo questo seme nella bufera, giochiamo questa partita a dadi con la storia del mondo!”.

A ben rivederci nel 2019, Coraggiovani!

Orlando Donfrancesco